L'Agronomo campano punta anche all'estero

Amministratore

24 Febbraio 2016

di Walter Nardone – ODAF Benevento
 
Il comma 1 dell’art. 2 della legge 7 gennaio 1976 n. 3 (Ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale) recita: “Sono di competenza dei dottori agronomi e dei dottori forestali le attività volte a valorizzare e gestire i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestale, a tutelare l’ambiente e, in generale, le attività riguardanti il mondo rurale ….”. Il comma 2, sempre dell’art. 2, aggiunge: “I dottori agronomi e i dottori forestali hanno la facoltà di svolgere le attività di cui al comma 1 anche in settori diversi da quelli ivi indicati quando siano connesse o dipendenti da studi o lavori di loro specifica competenza”.
A queste che sono le basi giuridiche della nostra professione e che dimostrano la nostra competenza in svariati ambiti lavorativi, vorrei aggiungere una frase, stampata nella mia memoria, che, il Prof. Ricciardi, docente di Botanica sistematica presso la Facoltà di Agraria di Portici, pronunziò, nel corso di una lezione, a noi giovani studenti: “un laureato in scienze agrarie, per la numerosità e diversità di materie oggetto di studio, può sedersi intorno a qualsiasi tavolo senza rimanere a bocca chiusa”.
Questa affermazione, detta circa 30 anni fa, mai come oggi risulta essere attuale: la nostra base culturale, ampia e nello stesso tempo approfondita, rappresenta quella marcia in più rispetto ad altre categorie professionali che consente un approccio alle diverse problematiche molto più diretto e, come dire, risolutivo.
Nel tempo la professione dell’Agronomo si è trasformata, si è evoluta: è cambiata la società e dopo gli anni del boom economico e delle vacche grasse, sono venuti quelli della crisi, dell’assenza o poco lavoro, della disoccupazione, della riduzione della spesa pubblica. La logica conseguenza di tali mutamenti è stata quella di scendere in campo alla ricerca di nuovi spazi professionali. La squadra degli Agronomi conta numerose eccellenze che non sempre sono note: affermati studi di progettazione, consulenza (operanti sia in ambito nazionale che internazionale), pianificazione, ottimi colleghi impegnati nella ricerca, nell’università e nella pubblica Amministrazione.
Intendiamo iniziare, allora, un percorso di conoscenza delle attività e delle esperienze dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali campani. Questo mese accendiamo i riflettori sul lavoro dei colleghi che, più o meno frequentemente, hanno rapporti con l’estero o che intendono instaurarli.
Perché proprio questa scelta? La risposta è semplice. Lavorare all’estero, al di là di quella che può essere una giusta soddisfazione personale per il fatto di andare a “seminare in campi lontani”, è una indubbia attestazione del valore dei nostri colleghi. Allo stesso modo, partecipare a progetti di cooperazione internazionale, recarsi in paesi in via di sviluppo per promuovere iniziative di interesse sociale volte al miglioramento delle condizioni di vita ed economiche delle popolazioni, vuol significare voglia di mettersi in gioco e dimostrare il proprio valore. Nello stesso tempo, però, chiunque abbandona gli ambiti locali, regionali o addirittura nazionali per poter svolgere la professione, potrebbe, probabilmente, anche stare a testimoniare che qualcosa “in casa nostra” non funziona.
Ma non è così, fortunatamente, in tutta l’Italia!
Infatti, qualche giorno fa, ho letto un articolo in cui si sottolineava come la buona politica ha trasformato le aree montane in opportunità. Si faceva riferimento a quanto accaduto negli ultimi anni, in particolare in Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige  (a questo punto già immagino i commenti e la rassegnazione: altre zone, altre realtà, altre tradizioni), regioni in cui, rispetto ad una generalizzata fuga dalle montagne, all’opposto si è verificato un incremento della popolazione.
L’economista dell’Università di Trento che ha curato lo studio, prof. Gianfranco Cerea, ritiene che il merito di questa inversione di tendenza risieda nelle buone politiche pubbliche adottate nel corso del tempo dagli amministratori locali, che hanno trattato la montagna non come un limite ma come una specificità, puntando su una dotazione di infrastrutture non minore rispetto ai territori di pianura, garantendo un maggiore accesso ai servizi pubblici essenziali e una qualità di vita elevata. Elementi che hanno permesso alle imprese di prosperare e all’agricoltura di rivoluzionarsi, divenendo moderna e competitiva.
Il fatto, poi, che la Valle d’Aosta ed il Trentino Alto Adige siano regioni a statuto speciale e che, quindi, godano di particolari forme e condizioni di autonomia nella gestione delle risorse economiche del territorio è importante, ma non sufficiente a spiegare il motivo di tali eccellenze. E’ fondamentale, infatti, non solo la capacità di spendere, ma, soprattutto, di spendere bene, creando ricchezza e opportunità per il territorio.
E’ questo l’impegno che la Federazione chiede ai nostri amministratori regionali e, purtroppo, leggendo il PSR 2014-2020 della Campania, sembra che manchi ancora una volta!
Ed ecco spiegato il motivo per cui la Federazione ha inviato quella nota ai rappresentanti istituzionali e dirigenti campani, divulgata nei giorni scorsi.
E’ necessaria una politica del territorio, dell’ambiente, dell’agricoltura, del turismo che sia il frutto di una adeguata pianificazione.
Chi ben semina ….. raccoglie!
Questo è il motto che dovrebbero apprendere i politici campani che, anziché inseguire i facili successi elettorali legandosi alle organizzazioni sindacali professionali subendo le loro richieste, dovrebbero seguire i suggerimenti provenienti dal mondo delle professioni che, se validi, potrebbero dare vita ad un sistema economico virtuoso la cui diretta conseguenza sarebbe maggiore lavoro in tutti i settori, maggiore ricchezza e un sicuro e duraturo consenso elettorale.
……E all’estero andremmo solo per motivi di ulteriore orgoglio personale, per offrire la nostra collaborazione ai popoli più deboli, o per le vacanze!

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