Cinque domande alla Dott.ssa Maria Della Vecchia

Amministratore

24 Marzo 2016

A cura di Natalia De Vito – ODAF Avellino
 
La Dott.ssa Maria Della Vecchia è il referente centrale del Settore Foreste presso l’Unità Operativa Dirigenziale – Servizio Territoriale Provinciale di Avellino – individuata come testimone significativa. Con lei ho discusso del suo ruolo professionale all’interno di un Ente pubblico cosi rilevante e, contemporaneamente, della sua idea di donna.
 
Cosa volevi fare da bambina?
Io non so cosa volevo fare da bambina. Essendo nata in campagna credevo che fosse naturale continuare l’attività dei miei genitori che molto spesso mi coinvolgevano nelle loro faccende giornaliere. Avevo però una gran voglia di leggere, forse perché era l’unico modo per evadere. Dopo aver frequentato la scuola elementare in una casa di campagna, poco distante dalla mia e l’unica raggiungibile a piedi, i miei genitori mi iscrissero alla scuola media di Nusco, perché più vicino e perché c’era il pullman che mi permetteva di raggiungere il paese. Visto che a scuola me la cavavo bene, mia madre convinse mio padre a permettermi di frequentare le scuole superiori. Mio padre, categorico, disse: O il Liceo a Nusco o niente! Viaggiare, ad una ragazza, non era concesso. Finii il liceo con un voto che mi permetteva di avere la borsa di studio iscrivendomi all’Università.
 
Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo percorso universitario?
Scelsi la facoltà di Agraria perché volevo distinguermi dai compagni di classe, quasi tutti nuscani, che avevano scelto Giurisprudenza, Farmacia, Lettere, Scienze biologiche. La facoltà di Agraria l’avevo sentita nominare da un professore supplente, oggi collega, Dr. Agr. Giuseppe De Stefano – ogni volta che lo incontro lo ringrazio affettuosamente. Immagina lo stupore di tutti. L’unico ad incoraggiarmi fu Franco Gregorio, collega Regionale, che lavorava al CESA di Montella e che oggi non c’è più. Ci conoscevamo perché vicini di contrada. La facoltà cominciò a piacermi e nonostante mille difficoltà personali decisi che dovevo diventare “Agronoma”. Dopo la Laurea cominciai subito a lavorare in uno studio di un collega di Castelfranci e così piano piano cominciai a farmi conoscere. E devo dire che ero molto impegnata con le supplenze, col controllo tabacco. Oltre alla libera professione di agronomo avevo anche una collaborazione in una fabbrica di trasformazione di castagne di Montella. Dopo aver fatto qualche concorso e conseguito due abilitazioni all’insegnamento, partecipai al concorso regionale senza alcuna speranza ma solo con la voglia di rivedere i miei colleghi dell’Università. Superai lo scritto e l’orale e non mi pareva vero. Cominciai a lavorare in Regione con un contratto di due anni. Nel dicembre del 2000 nacque mio figlio e così decisi di restare in Regione, perché questo mi consentiva di lavorare e nello stesso tempo di crescere mio figlio. Ma nell’agosto del 2012 mi chiamarono al Provveditorato, dovevo scegliere tra la cattedra per l’insegnamento e la Regione. E lì scelsi la Regione. Di nuovo!
 
La figura del Dottore Agronomo viene valorizzata all’interno di una struttura pubblica cosi importante?
La figura del Dottore Agronomo viene valorizzata solo in alcuni ambiti. Ad esempio nel campo del fitosanitario, nell’ambito della forestazione e nella divulgazione (quando si faceva). Oggi molto spesso siamo impegnati nell’istruttoria delle pratiche del PSR. Attualmente presso gli Uffici del Servizio Provinciale di Avellino sono in servizio 28 Dottori Agronomi, di cui solo 6 donne. Dei 28 agronomi, 13 hanno l’incarico di Posizione Organizzativa.
 
La diffidenza verso una donna che ricopre un ruolo o una carica importante, secondo te, è passata?
La diffidenza verso le donne in generale c’è ancora. Ed è anche molto evidente. Su trentatre incarichi di Posizioni Organizzative solo tre sono donne e nessuna è Agronomo. E’ un ambiente con una prevalenza ancora molto maschile dove molti colleghi (non tutti) non lasciano trapelare le proprie conoscenze, perché forse ci temono. Non lo dico per piaggeria.
 
Cosa consigli ad una giovane professionista come me?
Che consigliarti? Non demordere: la sfida più grande è farsi apprezzare come tecnico donna! In questo modo, tutti sapranno riconoscere la vera professionalità. Non scendere a compromessi con nessuno, perché il Dottore Agronomo è dottore più degli altri. Il nostro percorso di studio ce lo invidiano in molti per varietà e vastità delle nostre conoscenze. E la serietà poi, distingue un agronomo dall’altro. E’ sufficiente non firmare atti ad occhi chiusi.
 

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